Mario Schifano nasce a Homs, in Libia, il 20 settembre 1934.
Nell'immediato secondo dopoguerra la sua famiglia si
trasferisce a Roma, dove, abbandonata ben presto la scuola, il giovane
Schifano dapprima lavora come commesso e in seguito collabora con il
padre, archeologo restauratore al Museo Etrusco di Valle Giulia.
Comincia nel frattempo a dipingere.
I suoi debutti sono all'interno della cultura informale con tele ad
alto spessore materico, solcate da un'accorta gestualità e segnate
anche da qualche sgocciolatura.
Con opere di questo genere inaugura la sua prima personale
nel 1959 alla Galleria Appia Antica di Roma.
È comunque in occasione della mostra che tiene l'anno successivo
alla Galleria "La Salita" in compagnia di Angeli, Festa, Lo
Savio e Uncini, che la critica comincia a interessarsi del suo lavoro.
Abbandonata l'esperienza informale, la sua pittura mutua radicalmente
nel volgere di pochi anni; ora dipinge quadri monocromi (delle grandi
carte incollate su tela e ricoperte di un solo colore, tattile, superficiale,
sgocciolante).
Il dipinto diventa "schermo", punto di partenza, spazio di
un evento negato in cui, qualche anno dopo, affioreranno cifre, lettere,
frammenti segnici della civiltà consumistica, quali il marchio
della Esso o della Coca-Cola.
Nel
1961 ottiene il Premio Lissone per la sezione "Giovane pittura internazionale" e
tiene una personale alla Galleria La Tartaruga di Roma.
L'anno successivo è negli Stati Uniti; conosce la Pop Art, resta
colpito dall'opera di Dine e Kline ed espone alla Sidney Janis Gallery
di New York nella mostra The New Realist.
Ritorna negli States sul finire del 1963, dopo aver allestito personali a
Roma, Parigi e Milano, e vi rimane per la prima metà dell'anno seguente,
quando viene invitato alla Biennale di Venezia.
Sono di questo periodo i paesaggi anemici, una serie di tele in cui il mondo
naturale viene evocato sul filo della memoria attraverso frammenti, particolari,
scritte allusive.
L'artista opera ora per cicli tematici e verso la fine del 1964 accentua
quell'interesse verso la rivisitazione della storia dell'arte che lo
porterà, l'anno successivo, ai notissimi pezzi dedicati al Futurismo.
È ancora una volta un'immagine tratta dai mezzi di comunicazione
di massa, un'immagine appartenente alla memoria collettiva, quindi usurata,
consumata, l'immagine fotografica del gruppo storico futurista a Parigi,
a sollecitare Schifano, il quale sottolinea l'affiorare del ricordo di
questa foto riducendo le figure a sagome senza volto e opera un distanziamento "velando" il
ritratto con dei pannelli colorati di perspex.
Nello stesso 1965, anno in cui partecipa alle Biennali di San Marino
e di San Paolo del Brasile, realizza Io sono infantile, un'opera legata
alle illustrazioni destinate all'infanzia, che rappresenta pure il ritorno
- tutto mentale - a una dimensione temporale lontana, eppure sempre presente
nell'artista.
Si occupano in questa fase del lavoro di Schifano tanto
critici attenti, come M. Calvesi, M. Fagiolo e A. Boatto, quanto scrittori
illustri, quali A. Moravia e G. Parise.
Nel 1967 presenta allo Studio Marconi il lungometraggio Anna Carini
vista in agosto dalle farfalle, cui farà seguito la trilogia di
film composta da satellite, "Umano non umano", "Trapianto",
e "consumazione e morte di Franco Brocani".
Le sue prime esperienze cinematografiche risalgono
comunque al 1964.
Fra il 1966 e 1967 realizza le serie Ossigeno ossigeno,
Oasi, Compagni compagni. Quest'ultima emblematizza il preciso impegno
che condurrà Schifano, in questi anni tormentati, a una crisi
ideologica e d'identità tale da portarlo a dichiarare di abbandonare
la pittura.
Agli inizi degli anni Settanta comincia a riportare delle immagini televisive
direttamente su tela emulsionata, isolandole dal ritmo narrativo delle
sequenze cui appartengono e riproponendole con tocchi di colore alla
nitro in funzione estraniante.
Dapprima è il materiale raccolto negli Stati Uniti durante i sopralluoghi
per la progettazione del film, mai realizzato, Laboratorio umano a essere
oggetto di rielaborazione, poi il patrimonio di immagini che quotidianamente
trasmettono le nostre stazioni televisive.
Nel 1971 partecipa alla mostra Vitalità del
negativo nell'arte italiana 1960-70, curata da Achille Bonito Oliva; in seguito
tiene personali a Roma, a Parma, a Torino e a Napoli ed è presente alla
X Quadriennale di Roma e a Contemporanea, rassegna allestita nel parcheggio
di Villa Borghese, sempre a Roma e ancora a cura di Bonito Oliva.
Nel 1974 l'Università di Parma gli dedica una vasta antologica
di circa 100 opere che consentono di leggere per intero la sua avventura
pittorica e definirne le linee portanti, evento accolto in maniera ridotta
dalla critica.
L'artista in questo momento è meno presente nel palcoscenico dell'arte,
dibattuto ancora fra tanti dubbi ideologici ed esistenziali che interferiscono
ovviamente pure sulle sue capacità creative.
Non a caso questo particolare momento coincide con
i d'aprés, lavori di ripensamento in cui Schifano rifà Magritte,
De Chirico, Boccioni, Picabia, Cèzanne. E rifà anche se
stesso, ripetendo i quadri che ha dipinto nel corso degli anni Sessanta.
Nel 1976 partecipa alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Bologna alla mostra Europa / America, l'astrazione determinata 1960-76; due anni dopo è invitato nuovamente alla Biennale di Venezia e presenta alla Tartaruga di Roma "Il capolavoro sconosciuto", rielaborazione del noto omonimo racconto di Balzac. Intanto, sul finire del decennio, l'artista ritrova il piacere della pittura e appronta le serie Al mare e Quadri equestri.
Diverse sue opere sono in mostra nel 1979 al Palazzo dei Diamanti di
Ferrara.
Nel 1980 viene invitato da Maurizio Calvesi alla mostra
Arte e critica 1980, allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma,
e l'anno successivo è tra i pochissimi artisti selezionati da
Germano Celant per Identitè italienne, mostra organizzata al Centre
George Pompidou di Parigi.
Sempre del 1981 sono il gruppo
di dipinti raccolti sotto il titolo Cosmesi, cui seguono i cicli Architettura,
Biplano, Orto botanico.
È ancora presente alla Biennale di Venezia nel 1982 che nel 1984, anno
in cui espone al Palazzo delle Prigioni Vecchie della stessa città veneta
il ciclo Naturale Sconosciuto presentato da Alain Cueff.
L'attenzione per il naturale del resto caratterizza tutta l'attuale ricerca
di Schifano, come dimostrano le sue successive esposizioni, fra le quali ricordiamo
le personali alla Tour Fromage di Aosta e alla Galerie Maeght di Parigi (1988).
Nel 1989, anno in cui è presente alla rassegna Arte italiana
nel XX secolo organizzata dalla Royal Academy di Londra, tiene personali
al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles e al Padiglione d'arte Contemporanea
di Ferrara, dove, sotto il titolo Inventario con anima e senz'anima,
raccoglie una serie di tele che rappresentano la summa della sua ricerca
in ambito naturalistico.
Quest'ultima mostra diverrà poi itinerante, toccando diverse città italiane,
per giungere infine in Francia, al Centre d'Art Contemporain di Saint
Priest (1992).
Il Palazzo delle Esposizioni di Roma, in occasione della sua riapertura
(1990), gli allestisce una rassegna, intitolata Divulgare, con un consistente
numero di opere di grande formato realizzate per l'occasione.
Tre anni dopo presenta in diverse gallerie italiane
il ciclo Reperti, dedicato agli animali del mondo preistorico, tema i
cui primi esemplari erano già comparsi nella personale da Maeght.
Nel 1994 è presente alla
mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968, organizzata dal Solomon R. Guggenheim
Museum di New York e trasferita l'anno seguente alla Triennale di Milano e
al Kunstmuseum Wolfsburg.
Nel 1996 Schifano rende un omaggio alla sua Musa Ausiliaria, ovvero alla televisione
intesa quale flusso continuo di immagini in grado di strutturarsi come vera
e unica realtà totalizzate della nostra epoca.
L'artista ha attivato un sito Internet,
attraverso il quale si relaziona al mondo. Se alla fine degli anni Sessanta
si limitava a estrapolare dai programmi televisivi dei singoli fotogrammi e
a proiettarli decontestualizzati sulla tela, ora, invece, interviene sulle
immagini pittoricamente mutandole ulteriormente di senso. Allestisce con una
quarantina di tele di questo genere e un migliaio di fotografie ritoccate a
mano, una grande mostra che è stata ospitata dapprima presso la Fondazione
Memorial da Amèrica Latina di San Paolo del Brasile (1996), poi presso
il Museo di Belle Arti di Buenos Aires (1997); nel corso del 1998 sarà presentata
alla Fondazione Wifredo Lam dell'Avana e a Città del Messico.
Durante un suo viaggio in Brasile compie un happening all'interno di una favela
di Rio de Janeiro.
Nel 1997, in occasione del settimo centenario della edificazione di Santa Croce a Firenze, Schifano ottiene il Premio San Giorgio di Donatello per aver realizzato le vetrate policrome collocate nella cripta della Basilica. Nello stesso anno cura gli allestimenti scenografici del carnevale di Roma.
Muore a Roma il 26 gennaio 1998.